Di padre medico e bisnonno italiano di Lucca (tale Raul Ambrogi), Caio si lascia sedurre dal lato ‘chic’ della città e, dopo essersi trasferito dalle parti della lussuosa via Monte Napoleone su consiglio della sorella Thais, non a caso aspirante modella, si iscrisse persino alla Facoltà di Economia e Commercio della Bocconi, finendo così per incarnare al meglio quello che era già il soprannome che lo accompagnava dai suoi trascorsi anche extra-sportivi in Brasile, cioè il ‘Doutorinho’, dovuto al suo abbigliamento raffinato e al suo aspetto estetico oltremodo curato dentro e, soprattuto, fuori dal campo.
Pochi giorno dopo, il 3 dicembre, i1 timido giocatore ‘fuori-sede’ esordì dalla panchina anche in campionato, subentrando a Branca al 70′ di Inter-Cremonese, già sul 2-0 dopo i goal di Zanetti e Ganz. Identico copione prima della sosta natalizia. È il 23 dicembre e, mentre l’Inter asfalta ‘per demeriti altrui’ il Cagliari di Dario Silva per 4-0 con reti di Ganz e tripletta di Branca, Caio ne rileva quest’ultimo al 71′. A nulla servì il suo ingresso all’81′ nella tremenda trasferta di Bari del 7 gennaio 1996, quando l’Inter – seppur andata in vantaggio con Roberto Carlos – fu, invece, travolta dai padroni di casa per 4-1 sotto i colpi di Sala, Ingesson e un doppio Protti, capocannoniere stagionale.
Caio riapparve, poi, soltanto il 31 marzo, subentrando al 67′ all’ ‘eroe di giornata’ Felice Centofanti, che aveva aperto le marcature contro la Fiorentina: peccato, però, che la Viola avesse già ribaltato il risultato nel primo tempo con le reti di Cois e Padalino. Se finora l’allenatore inglese gli aveva concesso sporadiche apparizioni da subentrato, la ghiotta occasione per mettersi in luce arrivò anche per Caio che il 20 aprile partì titolare contro la Juventus, sfigurando come non mai e, inevitabilmente sostituito al 59′, constatò per l’ennesima volta come Ganz, non più tardi del 79′, avesse più confidenza con la porta, rimettendo in gara l’Inter sotto di due goal realizzati da Lombardo e Conte.
Nonostante la prestazione incolore, Hodgson gli concesse un’ultimissima opportunità con il risultato bloccato sullo 0-0 con il Cagliari, invitandolo a prendere il posto di Benito Carbone al 79′, schierandolo così per la prima volta un tridente ‘pesante’ composto dalla coppia di bomber Branca-Ganz più l’impalpabile ‘ex’ fenomeno dell’ultim’ora. Saranno i suoi ultimi dieci minuti e più con la maglia nerazzurra che, a fine stagione, venne indossata da Caio per otto volte, di cui sei in campionato e due in Coppa Italia, con il temibile score di zero reti all’attivo.
Al fine di riqualificare il capitale investito, la società – a seguito degli ingaggi estivi di campioni del calibro di Iván Zamorano, Nwankwo Kanu e Youri Djorkaeff – prestò il brasiliano al Napoli, con la speranza che possa non essere stato un investimento sbagliato e dimostrare il suo reale valore. All’ombra del Vesuvio, il brevilineo Caio, presuntuosamente auto-proclamatosi in conferenza-stampa quale ‘il nuovo Careca’, subì sin da subito la non-invidiabile concorrenza in attacco di giocatori quali Aglietti e Caccia. Gigi Simoni non apprezzò le sue doti del suo numero 9 e, infatti, il suo esiguo contributo fu spesso a partita in corso. Venti partite bastarono anche per il pubblico del San Paolo che non esitò a fischiare le sue evanescenti giocate e di lui si ricorda solo il goal che valse l’1-1 nel match dei quarti di finale di Coppa Italia con la Lazio a Roma.
Al termine della impalpabile parentesi azzurra, Caio fece ritorno in Brasile con l’intento di ricostruirsi una carriera, ma nel suo girovagare (con poche presenze e quasi senza reti) tra Santos, Flamengo, Fluminense, Gremio, una stagione nel SC Rot-Weiß Oberhausen (club di 2. Fußball-Bundesliga) e Botafogo, riuscì nell’impresa di chiuderla a soli trentuno anni, riciclandosi dapprima come modello e poi come commentatore sportivo per la radio brasiliana Rádio Globo e la televisione SporTV.
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