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Winston Bogarde: la generosità del ragazzaccio

AMARCORD – BOGARDE: LA GENEROSITA’ DEL RAGAZZACCIO

Winston Bogarde(fonte foto: www.icampionidellosport.com)

Winston Bogarde (fonte foto: http://www.icampionidellosport.com)

Da ragazzo era un delinquente e aveva modi di fare da troglodita. Lo ammise anche lui negli ultimi anni della carriera. Ma il ragazzaccio aveva anche  il cuore tenero. Chiedete a Oliver Bierhoff, se non ci credete.Altrimenti lo raccontiamo noi: stadio Friuli, posticipo serale della terza giornata del campionato 97-98. Il Milan sta pareggiando 1-1 contro l’Udinese. Mancano 5′ al termine del match, dominato in larga parte dalla squadra di Capello. Il pallone è tra i piedi di Winston Bogarde, il protagonista dell’amarcord di oggi. Il terzino sinistro olandese vuole servire Taibi, il portiere milanista. Ma il suo retropassaggio è un regalo a Bierhoff che tutto solo si invola verso la porta rossonera e trafigge Taibi. Grazie alla generosità di Bogarde l’Udinese trionfa. Ma la stampa non gradisce la filantropia del terzino rossonero e lo crocifigge con un 4 in pagella sintetizzato cosi sulla Rosea: “Se il Milan perde la colpa e’ soprattutto sua “.

In pratica a Bogarde non mancano solo i fondamentali delle buone maniere, ma anche quelli del calcio. E forse anche per questo che l’olandese, acquistato a parametro zero in estate (ecco), a fine settembre è già sul mercato, anche se la prossima sessione si aprirà solo fra  3 mesi. E poi con Capello non si scherza,  chi sbaglia finisce fuori. Ma l’emergenza in difesa cospira contro il tecnico di Pieris che è costretto a schierarlo di nuovo in Coppa Italia. Il Milan vince in rimonta 3-2 contro la Sampdoria, con un gol allo scadere di  Kluivert e  il boicottaggio di Bogarde che regala  due reti  alla Samp. Ma l’infermeria dei rossoneri non si svuota e quindi Capello è costretto ancora una volta a ricorrere a Bogarde che rileva al 7′ della ripresa Cardone, con il Milan sotto di due gol e in inferiorità numerica  contro la matricola Lecce. La situazione è già difficile, ma l’olandese prova a complicarla ancora di più con alcuni retropassaggi da brivido, diventati il suo marchio di fabbrica. La sconfitta contro il Lecce coincide comunque con l’ultima presenza di Bogarde al Milan. A gennaio viene venduto al Barcellona. E anche in Catalogna stupisce. Soprattutto gli attaccanti delValencia che rifilano 4 gol ai Blaugrana in un pirotecnico 3-4 al Camp  Nou con l’olandese in campo. Resta in Spagna fino all’estate del 2000, quando approda al Chelsea, dove resterà fino al 2004, prima di appendere gli scarpini al chiodo nel novembre del 2005.

Insomma, Bogarde ha vestito le maglie di Milan, Barcellona e Chelsea. Una carriera di tutto rispetto.  Strano per uno dei peggiori difensori del calcio europeo. Ma il mistero è presto svelato: dal 1997 al 2004, Bogarde ha collezionato appena 52 presenze, con una media di 7  partite e mezzo a stagione. Imbarazzante, sì, ma mai quanto il 4,75 della sua media voto durante l’avventura italiana. La generosità non paga. Soprattutto in pagella.

Mariano Messinese
Twitter:@MarianoWeltgeis

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Steinar Nilsen: la fragilità del norvegese e la difesa di burro

Alla notte artica c’era abituato. Anche perchè veniva da Tromso, a poca distanza dal circolo polare. Ma un conto è stare sei mesi senza luce, un altro convivere una stagione intera con il buio pesto della difesa rossonera targata 97-98. Quando nel novembre del ’97,Steinar Nilsen scelse il Milan per tentare la scalata al calcio che conta, non pensava di doversene pentire un giorno. Del resto il suo modello di riferimento era  Baresi, il capitano e la bandiera del grande Milan. Ma si sa, un conto è ispirarsi alle poesie Baudelaire, un altro è scriverle.

Eppure il norvegese godrebbe anche di un osservatorio privilegiato per imparare: la panchina. Sì, perchè per vederlo in campo bisogna aspettare il 21 dicembre. In pratica, in vista del Natale, Capello decide di regalargli un’opportunità. Il Milan ospita il Bologna a San Siro. La partita finisce 0-0 e Nilsen non demerita durante il suo primo incontro con il calcio italiano. Anche se sarebbe più giusto dire scontro, perchè a 7 minuti dal termine della gara rimedia una capocciata da Marocchi che lo costringe ad abbandonare il terreno di gioco. Insomma, un punto per il Milan e un bel cerottone sulla fronte per il norvegese. Eppure, nonostante l’incidente, si guadagna la  stima di Capello che lo manda in campo nell’andata dei quarti di finale di coppa Italia. Il Milan si concede una grande serata, l’Inter una pausa imbarazzante. I rossoneri vincono 5-0 e segna anche Nilsen con una punizione da oltre venticinque metri che buca la barriera e Pagliuca. E a fine gara riceve anche gli attestati di stima di Capello:”Sin da quando e’ arrivato, l’ho ritenuto un giocatore interessante. Non appena l’ho visto pronto per giocare, gli ho dato la chance e non ha deluso. E’ importante anche lui in questo gruppo” 

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Insomma, una serata perfetta. E invece no, perchè una botta subita da Ronaldo trasforma il sorriso in una smorfia di dolore. La diagnosi è impietosa: infortunio al menisco e conseguente operazione. Nilsen è  così costretto a fermarsi ai box per almeno due mesi. Ritorna in campo il 28 marzo. Ed è come debuttare un’altra volta. Ma questa volta c’è poco da esultare. Anche perchè il Milan ha già mandato in malora la sua stagione. E quando il biondino rileva Daino a inizio ripresa, i suoi compagni sono già sotto 2-1 e in inferiorità numerica contro la Juve.

Nel secondo tempo la Juventus trova il tempo anche di mettere a segno altri due gol che chiudono il match. Ma Nilsen ha ben poche colpe. Si parla di prestazione incoraggiante. Ma è solo un fuoco di paglia perchè la settimana successiva il Milan affonda a Bari e il norvegese delude. Così, come nella finale d’andata contro la Lazio. Il Milan vince, ma Nilsen non convince, anzi viene punito con un 5 in pagella. Voto che viene riconfermato contro il Napoli e motivato dall’accusa di “non fluidificare”. Non che in fase di copertura le cose vadano meglio. Soprattutto perchè i vari Smoje, Beloufa e Cardone, suoi degni compari di reparto, non gli danno una mano. Insomma, peggio che andar di notte. Capello comunque non ne può più e lo spedisce in panchina. Forse è stato un bene, perchè gli risparmia le ultime imbarazzanti uscite in campionato dei rossoneri

A fine stagione il tecnico di Pieris fa le valigie e saluta tutti. Al suo posto arriva Zaccheroni. L’allenatore romagnolo prende la penna e inizia a scrivere la lunga lista degli epurati. In un primo momento Nilsen si salva. Poi Zac ci ripensa e dà il via libera alla sua cessione. E così il difensore venuto dal Circolo polare finisce al Napoli, nella terra d’ O Sole mio. Sembra una burla e invece è vero. Nilsen accetta con la promessa di tornare a fine stagione a Milan. Ma non sarà così. Nilsen resterà all’ombra del Vesuvio altre due stagioni e mezzo. Conquisterà anche una promozione, ma non riuscirà più a giocare una gara in Serie A per colpa dei soliti malanni. Nel 2001 torna in patria al Tromso, tre anni dopo  appende le scarpette al chiodo e diventa allenatore. Ma questa è davvero un’altra storia. Decisamente migliore rispetto alla sua avventura italiana da calciatore.

 

Mariano Messinese 

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Zizi Roberts: la carriera da gambero del raccomandato

Il nepotismo non ha mai fatto bene al mondo. Figuriamoci al Milan. Weah, sovrano assoluto di Milanello bussa alla porta di Braida nell’estate del ’97 per segnalare un suo connazionale. Si chiama Kolubah Roberts, detto Zizi. “E’ buono, è buono – ripete il liberiano, quello forte- in Liberia segna molto”. In pratica, l’ha detto Weah, quindi è vero. E infatti qualche tempo dopo Zizi arriva al Milan. Ha appena 18 anni e la benedizione -raccomandazione di re George. Mica poco.

Lo stesso Capello, al ritorno sulla panchina rossonera, aggrega Roberts alla prima squadra per la tournèe in Brasile. In effetti il giovane liberiano in mezzo a quei grandi campioni- veri o presunti- si mostra timido. Non parla con nessuno, cerca sempre lo sguardo e il consenso di Weah, proprio come il popolano che ,invitato in un club della nobiltà londinese,non apre bocca per paura di fare una brutta figura. In campo, invece non farà brutte figure. Anche perchè giocherà appena 23 minuti, prima di essere spedito in Brianza al Monza. Senza ricevuta di ritorno. Ovviamente. Del resto in quegli anni il Monza più che un club satellite è una vera e propria pattumiera del Milan, dal momento che raccoglie tutti gli scarti e gli errori della dirigenza rossonera.

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E così l’avventura di Roberts alla corte di Capello finisce prima ancora di iniziare. E’ un fulmine a ciel sereno, ma non ci rimane male. Anzi, riconosce che al Milan avrebbe avuto poco spazio e aggiunge “Poi qui siamo a pochi chilometri da Milano e l’amico George mi ha garantito che, non appena la serie A effettuerà una sosta, farà di tutto per venire a vedermi e a incitarmi”.

In realtà la vita in provincia non è bella, a tratti può essere talmente annoiante da risultare soporifera per Zizi. Il Monza gioca contro il Venezia di Novellino, ma dopo pranzo Roberts si abbiocca. E così mentre la sua squadra si avvia allo stadio, lui dorme beato. Finchè non si sveglia di soprassalto e raggiunge in auto i suoi compagni che stanno già giocando. Ma come in certe commedie sportive americane, il liberiano entra e segna nel finale il gol decisivo di testa. E a festeggiare in tribuna c’è anche Weah, che ha raggiunto Monza per vedere all’opera il suo amico-protetto.

Zizi è al settimo cielo, ha segnato il gol che ha regalato la prima vittoria alla sua squadra. Se non è stato il giorno più bello della sua vita calcistica poco ci manca e ci tiene a sottolinearlo:  “Dedico questo gol ai tifosi del Monza che mi hanno accolto con grande calore fin dal primo giorno”. Ma con l’arrivo dell’inverno le temperature si abbassano e l’entusiasmo dei monzesi si raffredda. Alla fine Zizi chiude la stagione segnando 5 gol, tutti realizzati partendo dalla panchina. Invece quando parte titolare le cose cambiano. Il suo allenatore Bolchi lo schiera a sprazzi “perchè in partita si perde, commette ingenuità”. In pratica Zizi, che significa forte come il legno, in campo diventa un pezzo di legno. L’anno successivo il Milan lo gira al Ravenna.

E qui c’è l’intuizione di Sergio Santarini, tecnico dei romagnoli, che arretra Roberts in difesa, schierandolo come terzino. Più che intuizione è preveggenza, perchè la carriera di Roberts sarà a passo di gambero come la sua collocazione tattica. In pratica passerà dai campionati più importanti a quelli più infimi, compreso quello nordirlandese. Ma forse la colpa è di Weah, almeno stando alle dichiarazioni del diretto interessato:” George ha sempre avuto fiducia in me, mentre mio padre voleva che studiassi”. Se avesse dato retta ai consigli paterni, adesso il Milan avrebbe una meteora in meno e la Liberia un laureato in più.

Mariano Messinese

twitter @MarianoWeltgeis

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