Articoli con tag: Zeman

Mark Fish: lo psicologo assonnato

Mi ispiro a Baresi. Somiglio a Desailly


La moda delle Vuvuzela è stata un tormento. Soprattutto per le nostre povere orecchie al mondiale sudafricano del 2010. Eppure non è stata l’unica cosa che l’Italia ha importato dal paese più a Sud del continente Nero. Qualche anno prima, nell’estate del 96, alcuni dirigenti delle società italiane puntarono i riflettori sui Bafana Bafana ( i nostri ragazzi), cioè sulla nazionale di calcio del Sudafrica, fresca vincitrice della Coppa continentale. Sia chiaro, non  fu un successo epico come quello degli Spingbok al mondiale di Rugby nel ’95. Tanto che sull’impresa calcistica non è mai stato prodotto un film come Invictus. Eppure i nostri talent-scout intravidero del talento fra i ragazzi che formavano quella squadra, nata sulle ceneri dell’apartheid e della lunga esclusione dalle competizioni, imposta dalla Fifa negli anni 60. Tre giocatori su tutti colpirono gli osservatori: Phil Masinga, Marc Fish e Eric Tinkler. Il primo finì in B alla Salernitana, gli altri due alla Lazio e al Cagliari.

Mark Fish era il capitano della nazionale. Ed era un difensore centrale promettente. Ma si ritrovò a giocare nella Lazio di Zeman, non proprio l’ideale per chi ricopriva quel ruolo. Senza dimenticare i problemi di ambientamento per un ragazzone sudafricano di 22 anni. Addirittura una volta non si presentò all’allenamento. Stava dormendo beato a casa.  Ma il jet-lag non c’entrava niente. Semplicemente Fish si era dimenticato di regolare la sveglia. Se la cavò con una multa. Dopo tutto era un sonnellino innocente. Il problema è che si addormentava anche in campo e nell’uno contro uno veniva sistematicamente bruciato dagli attaccanti avversari. Troppo alto(1,92) e troppo lento per il nostro calcio. Questa era la sentenza dopo due mesi in Italia.

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Mark Fish: in una rara fotografia con gli occhi aperti

A novembre poteva andare anche già via, ma strinse i denti e scelse di continuare la sua avventura in biancoceleste. I sacrifici furono ripagati con un gol in un deludente 1-1 contro il Verona. Si illuse allora di aver finalmente compreso Zeman e il suo calcio tutto impeto, assalto e difesa alta come l’Everest. Già, così credeva, magari anche perchè confidava sui suoi studi in psicologia. Ma la psicologia è interpretazione, non previsione. Infatti il gigante sudafricano non poteva sapere che il Boemo sarebbe stato cacciato di lì a poco per fare posto a Zoff. E con il “Friulano Vertical” le cose volgeranno al peggio. Dopo una sconfitta con due gol al passivo, fu accantonato e relegato in panchina.

Il capitano dei Bafana Bafana concluse la sua stagione con 15 presenze e 1 gol. Non bastarono per la riconferma. E non erano certo cifre interessanti per chi diceva di ispirarsi a Baresi e somigliare a Desailly. Qualche mese dopo finì al Bologna. Ma ci restò poco. In pratica appena 15 giorni. Giusto il tempo per conoscere il suo allenatore Renzo Ulivieri che lo bocciò con queste parole.“Non è rapido nei movimenti e quando viene attaccato può trovarsi in difficoltà”. Colpito e affondato. E rispedito al mittente.

La Lazio trovò il modo di piazzarlo in Inghilterra: 3 anni al Bolton, 5 al Charlton, 1 al Ipswich Town, Poi il ritorno in patria dove intraprese anche la carriera da allenatore. Ma nessuno è profeta in patria. E  dopo 4 mesi alla guida dei Thada Royal Zulu fu esonerato. Magari il presidente voleva dare una svegliata alla squadra. E forse Mark si era dimenticato di regolare la sveglia.

Mariano Messinese

Twitter:@MarianoWeltgeis

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Bartelt: 10 minuti di celebrità.

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Bartellt a terra, come il suo morale dopo l’esperienza giallorossa

Quando giunse a Roma in una torrida mattinata dell’ agosto 1998, molti si chiesero chi fosse quell’aitante giovanotto dalla folta chioma bionda. Il figlio segreto di Caniggia?Forse, del resto erano entrambi argentini. Ma no, le età non collimavano. Allora forse era un attore. Magari aveva dimenticato di scendere alla fermata Cinecittà. E invece no. Gustavo Javier Bartelt era davvero un calciatore,attaccante per la precisione.

Ma tutto questo scetticismo nella tifoseria giallorossa era anche giustificato:Bartelt era un ripiego. Da tempo i giornali parlavano di una trattativa tra la Roma e il Monaco per Trezeguet. Sensi le aveva provate tutte per portare il franco-argentino sotto il Cupolone, ma dovette scontrarsi con il NIET della dirigenza monagasca che non voleva cederlo. Stanco di ricevere porte in faccia, il presidente della Roma si buttò su Bartelt. Una scelta infelice, della quale avrà modo di pentirsi.

Ma allora chi era questo nuovo centravanti sconosciuto ai più? Tanto per iniziare era un argentino atipico. Non era poverissimo perchè la sua famiglia apparteneva al ceto medio, che a quelle latitudini può tradursi anche come benestante. Non era neanche cresciuto a pane e pallone, perchè aveva iniziato a giocare a 20 anni, più o meno quando la fase puberale era passata da un pezzo e soprattutto,parallelamente al calcio, aveva intrapreso anche la carriera universitaria: indirizzo lingue.

Il precampionato di Bartelt è da sogno. L’argentino è straripante. La Roma non brilla, ma lui va in gol in diverse amichevoli. Nel secondo turno di Coppa Italia la Roma arranca a Verona con il Chievo. E se strappa un pareggio stentato è anche merito del biondino che realizza un gol. Insomma, vuoi vedere che questa volta Sensi ci ha visto bene? Qualcuno dalle parti di Trigoria ,intanto, inizia a cospargersi il capo di cenere. Troppo presto.

E arriva il tanto atteso debutto in campionato. Zeman, complice la squalifica di Delvecchio, schiera il centravanti argentino contro la matricola Salernitana. L’avversario sulla carta è abbordabile. Ma i primi 45′ di campionato sono strani, un po’come il meteo a marzo e perciò può anche capitare che la matricola possa mettere sotto la squadra più quotata. E infatti per un tempo la Roma è in baia della Salernitana e Bartelt non tocca palla. Sembra un lampione piantato in mezzo al rettangolo di gioco. Zeman, disperato, lo sostituisce dopo 55′ con Frau. E’ la svolta della partita. Il carneade sardo la rivolta come un calzino. Sfonda a ripetizione sulla sua fascia e si permette il lusso di mandare in porta Totti con un colpo di tacco. La Roma trionfa 3-1 e Bartelt si becca un 5 in pagella.

Una fitta coltre di scetticismo torna a calare sull’argentino. Oltre al danno anche la beffa. Delvecchio, il suo rivale per una maglia da titolare, va a segno a ripetizione nelle giornate successive. A questo punto a Bartelt non resta che accomodarsi in panchina.

 

Sembra tutto perduto, ma alla quinta giornata accade il miracolo. La Roma è in inferiorità numerica (9vs 10) ed è anche sotto di un gol contro la lanciatissima Fiorentina di Trapattoni. Il Boemo a 10′ dalla fine manda in campo Bartelt. E’ la mossa della disperazione. Ed è anche quella decisiva. Prima, al 90′, si inventa un dribbling impossibile a ridosso della linea di fondo e poi serve ad Alenitchev il pallone del pareggio. Ma non è finita. Al ’94 propizia anche il clamoroso gol vittoria di Totti. Roba da infarto.

Il giorno dopo i titoli dei giornali sono tutti per lui Non solo a Roma. Anche nella terra del tango lo celebrano. La Nacion ci va pesante e titola “Bartelt ha oscurato Batistuta. Insomma in breve tempo il centravanti giallorosso sembra essere diventato l’eroe dei due mondi. Anche Sensi gongola: per 10′ è riuscito a far dimenticare alla sua tifoseria il mancato acquisto di Trezeguet. Insomma, sembra un sogno e anche molto bello.

Il guaio è che dai sogni bisogna svegliarsi prima o poi. Questo vale per tutti. Anche per Bartelt che nelle giornate viene impiegato con il contagocce in campionato. Solo scampoli di partite. Gioca da titolare la gara di coppa Italia, quella in cui la Roma viene eliminata dall’Atalanta che milita in B. Per un verso Zeman non lo ritiene all’altezza del campionato del Bel Paese, per l’altro lui fatica ad adattarsi, fatto sta che a dicembre si vocifera di uno scambio Bartelt- Luiso con il Vicenza.

Ma Bartelt minimizza. Dice di aver previsto questa fase di rigetto dopo l’exploit contro i viola. Dichiara anche di aver finalmente compreso quel che vuole il Boemo e che non vede l’ora di dimostrarlo in partita. La velocità e il dinamismo del gioco della Roma- aggiunge- esalteranno le sue doti. Sì, in allenamento

E infatti la sostanza non cambia. L’ex giocatore del Lanus continua ad accomodarsi in panchina, ormai una sorta di seconda casa. Fortunatamente per lui l’Imu non era stato ancora introdotto. Comunque davanti ai suoi scorrono le immagini del derby vinto contro la Lazio l’incredibile girandola di gol contro l’Inter 4-5, la vittoria contro il Milan e gli scivoloni contro Perugia e Udinese.

Sempre meno eroe e più desaparecido, Bartlet concluderà la stagione con un minutaggio insignificante e 0 gol all’attivo. Un fallimento completo soprattutto se rapportato ai 17 miliardi sborsati da Sensi per acquistarlo. Insomma, un acquisto da dimenticare.

Eppure se oggi chiedete di Bartelt ad un tifoso giallorosso, questi, magari con la pelle d’oca e con gli occhi lucidi, vi parlerà di quei meravigliosi 10 minuti finali contro la Fiorentina. Nel futuro ognuno sarà famoso per 15 minuti, diceva Warhol. A Bartelt è bastato di meno.

Mariano Messinese 

 

 

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